lunedì 1 ottobre 2012

Mamme che si reinventano.

Non è da molto che ho trovato un preoccupante articolo su D La Repubblica delle Donne (vorrei citarvi il numero ma ovviamente nel mio perfetto disordine in questo momento non lo trovo!) sulla situazione lavorativa di donne in carriera che decidono di diventare mamme. Quello che mi ha sconvolto era leggere di figure manageriali anche di alto livello che al ritorno dalla maternità sono state relegate a piccoli spazi e lavori assurdi tipo far niente! Ricordo che fra queste era citata la donna che ha fatto diventare famosa la Red bull in Italia. Perché si pensa che la maternità tolga alla donna la capacità di lavorare come faceva prima?! Quello che mi ha fatto piacere è leggere che, piuttosto che stare in un ufficio stipendiate per far niente, molte donne si sono licenziate e hanno iniziato una vita nuova con un lavoro in proprio, in qualche caso sono diventate concorrenti dei vecchi datori di lavoro. Nel mio piccolo le mie due gravidanze mi hanno dato un’energia che pensavo di non avere e l’idea di costituire la Kemate snc con la socia di sempre, anche nei momenti più difficili (per esempio quando arriva l’INPS da pagare!) so che le mie mille attività mi tengono viva, così come fanno i miei figli e il mio compagno…
La congiuntura economica di questi tempi non aiuta ma io ho conosciuto donne che, come me ci provano, e nonostante tutto cercano una vita che consenta loro di coniugare affetti e lavoro.


Nei prossimi mesi mi piacerebbe raccontarvi un po’ di storie positive di donne che ci provano (e che magari poi ce la fanno anche!!!). Inizio a raccontarvi la storia di una cugina speciale come sanno essere (quasi) solo le mie cugine! Avevo chiesto ad Elisa di scrivermi due righe su di lei ma non riusciva mai ad inviarmi niente, così ho scritto una mini cronaca di quello che secondo me le era successo glielo ho inviato per l’approvazione e lei mi ha restituito questo bellissimo documento che adesso leggerete e che, lei dice, scriverlo è stato anche un po’ terapeutico.

La Keelle.



Non mi sono mai immaginata mamma, non ho mai avuto la certezza che prima o poi mi sarebbe capitato di diventarlo, o forse queste sensazioni hanno sempre fatto parte di me in un modo così naturale da non percepirle come un vuoto da colmare... Per cui quando nel Gennaio 2009 abbiamo saputo che ci saremmo trasformati in una mamma ed un papà ci è sembrato tanto impossibile, quanto normale. Dopo aver fatto esperienze lavorative di vario genere ed aver dedicato anni agli studi, pensavo di aver trovato la situazione lavorativa che facesse per me, in una ditta florovivaistica, che conciliava la mia passione per il “green” e il mio percorso di studi. Dal 2005 lavoravo stabilmente nella stessa ditta con sempre crescente competenza e responsabilità, proseguivo quest'esperienza perché ero convinta e contenta del lavoro che stavo imparando, anche se le difficoltà erano molte, a partire dagli inquadramenti contrattuali molto scarsi, le difficili relazioni con alcuni colleghi e l'anarchia gestionale dell'azienda.

Sempre nel 2005 conosco Alberto: l'amore della mia vita, siamo anime gemelle, conviviamo prima di subito, nel 2007 ci sposiamo, nel 2008 compriamo casa con relativo mutuo sul groppone e... nel gennaio 2009, un giorno che il mio ciclo era in ritardo ho abbassato lo sguardo verso il seno e capisco che è in arrivo Giacomo: impossibile, meraviglioso, terrificante, splendido! Siamo felici e pieni d'amore e di paure, molte dimostrazioni d'affetto, ma non da chi lavora fianco a fianco con me. Inizia una crociata distruttiva nei confronti della mamma che sarò, riservandomi trattamenti psicologici squalificanti, sembrava fosse matematico che io non avrei avuto mai più lo stesso interesse e impegno per il mio lavoro, salvo impormi lavori fisicamente impensabili per una donna incinta.

Io sono cocciuta ed ho una gravidanza che procede ottimamente, per cui decido di accettare la sfida: lavoro, mi faccio i chilometri a piedi sotto la neve per andare al lavoro anche se nevica (parlando a Giacomino nella pancia e facendolo complice di questa sfida), non perdo un'ora neppure per fare i controlli e le ecografie, non accetto l'invito a starmene in maternità anticipata... insomma: cerco di far di tutto per essere trattata da Elisa. Non vengo più coinvolta in nessuna questione lavorativa perchè tanto poi starò a casa in maternità, arriva Agosto e scatta la maternità obbligatoria e finalmente me la godo: mi lascio andare alla nuvoletta d'amore che incombe su noi tre. Il 12 Ottobre nasce Giacomo: bello come il sole... la cosa più meravigliosa che possa capitare ad una coppia che si ama.

Passano i mesi, tra i più belli della mia vita, e si avvicina la fine dell'astensione obbligatoria, mi faccio coraggio e avviso al lavoro che avrei usufruito di due mesi di facoltativa (me ne concedo solo due!!! grosso errore!)... giunge Marzo e rientro al lavoro. Tutto è diverso. Io sono diversa. Quel mondo di super donne non mamme non mi appartiene. Chiedo di iniziare con orario ridotto visto il momento di poco carico lavorativo: per un po' mi viene concesso. Poi mi viene richiesto di dare una disponibilità totale e di rinunciare alle ore di allattamento. Ora sono una donna diversa, sono una mamma, il lavoro mi serve e mi piace ma non ci sto a svendermi ora che ho Giacomo che mi aspetta. Facciamo i salti mortali (e i nonni con noi) per evitare il nido e per “esserci” al lavoro ma anche a casa, continuo ad allattare Giacomo, sono stanca e insoddisfatta, piango perché l'ambiente lavorativo non mi riguarda più, non mi valorizza, anzi mi demolisce... non capisco e sto male. Sicuramente non è un caso che tra la primavera e l'estate viviamo una delle peggiori epidemie di bronchite, il mio senso di inadeguatezza aumenta insieme a quello di colpa. Penso che stiamo andando verso la distruzione: non sono serena, al lavoro non smettono di torturarmi emotivamente e decido di mollare.

I responsabili non accettano e mi spostano in un altro settore dove non sarei più stata a stretto contatto con le persone che mi riservano tali trattamenti. Ma l'esperimento non funziona. Le torture proseguono, io raggiungo i 36 chili ed il mio Alberto non mi riconosce... BASTA!!! Qualcosa faremo, ma voglio tornare a sorridere e a godermi la mia famiglia splendida e tutta da inventare, per fortuna Giacomo è un bimbo delizioso e i nonni amorevoli ci stanno vicino. Sono spalleggiata da tutti e decido di godere della restante facoltativa dal Dicembre 2010, sapendo che non rientrerò a lavorare: mai fatta una scelta più difficile e più giusta. Qualche mese di crisi e paure e di duro lavoro per raccogliere i pezzi di me e ricompormi ed ecco che facendo mille lavoretti riusciamo magicamente ad andare avanti e a sorridere... decidiamo che vogliamo in qualche modo renderci autonomi, perchè anche Alberto, che è nel settore tessile, inizia a pensare di poter essere autore della sua vita lavorativa.

Imbastiamo un progetto e ci lavoriamo per qualche mese pensiamo all'avviamento di un'azienda agricola, che riassume la nostra più grande passione, ma desistiamo: troppe difficoltà, non ce la facciamo, intanto matura in noi il desiderio di aumentare il nostro livello di benessere, NON ECONOMICO, ma qualitativo... pensa che ti ripensa... decidiamo di rilevare la bottega del paesino in cui viviamo! Nel raggio di due chilometri avremmo casa, scuole e lavoro, lavoreremmo forse di più, ma saremmo più liberi. Inizia una lunga trattativa che ci porta qui: il 4 Maggio apriamo “C'era una volta”, botteguccia di paese che tratta alimentari, giornali e riviste, articoli di vario genere che si devono trovare in un'attività di paese. Ce la facciamo, incredibile, senza avere un soldo in tasca... ce la facciamo!!! Siamo la dimostrazione vivente del “volere è potere”... la vita ora è molto più intensa, è proprio vero che non si stacca mai e le ore non si contano: fornitori, HACCP, pulizie, contabilità, ecc... ma che soddisfazione sentirsi attori della propria commedia! Nel frattempo io e Alberto stiamo cambiando e acquisendo maggiore sicurezza e padronanza di noi stessi, quasi se da operai fossimo stati a guardare... una nuova energia ci pervade. Giacomo al mattino sta coi nonni e al pomeriggio, dopo la nanna viene in Bottega a giocare con gli amici della Piazza, poi si vedrà: a Settembre comincerà la materna e tutto cambierà un'altra volta... un altro giro di giostra... di strada ne abbiamo molta da fare, faremo molti errori e ci risolleveremo, insieme.


Se sei un genitore che si è costruito una vita nuova per cercare di coniugare lavoro e famiglia scrivici la tua storia a kemate@alice.it

9 commenti:

  1. Bellissima la tua/vostra storia!sono arrivata alla fine con gli occhi lucidi, per la gioia ovviamente!
    c'è bisogno di raccontarle storie così... ci tirano su di morale!!!
    Grazie per averle condivise con noi!
    Laura

    RispondiElimina
  2. Finora sono stata abbastanza fortunata, anche se temo che presto mi dovrò "reinventare" anche io.
    La cosa che mi dispiace di più quando sento queste testimonianze è che manca la solidarietà tra donne!
    Elisa in bocca al luppolo per la vostra attività!

    RispondiElimina
  3. Bellissima questa storia, sono arrivata alla fine anche io molto commossa.

    Spero di continuare a leggere su queste pagine altre storie così meravigliose, in bocca al lupo per questo tuo progetto.

    La mia storia? Sono una donna privilegiata: è vero, subito dopo la maternità ho dovuto attraversare un brutto periodo lavorativo, ma ho incontrato persone intelligenti e comprensive e fino ad ora sono stata molto, molto fortunata.

    Spero, in un futuro non lontano, di poter regalare parte della mia fortuna anche ad altri, usando la mia esperienza lavorativa per offrire supporto e informazione: sto pensando a come farlo, vediamo.

    A presto
    Grazia

    RispondiElimina
  4. Ringrazia tua cugina per aver infine condiviso la sua storia... condivido in pieno il desiderio di appartenersi e di somigliare a se stessi il più possibile.
    Paola

    RispondiElimina
  5. @Laura
    Son contenta che vedi la storia di Elisa come un toccasana.

    @Robin
    A volte la solidarietà tra donne è pari allo zero ma altre volte crea legami fortissimi, pensiamo intensamente al secondo caso.

    Crepi!

    @Grazia
    Se hai voglia di raccontarci la tua storia mandaci una mail che mi sembra interessante.

    @Paola
    Sarò fatto, condivido il tuo pensiero.

    RispondiElimina
  6. Voglio leggere il post con la calma che merita, intanto rongrazio di cuore per gli auguri!!!

    RispondiElimina
  7. Cara Kemate,
    questo post è... bellissimo, intenso, che tocca corde profonde di ogni donna che si sia trovata a dover decidere, lavoro o famiglia o tutti e due, ma a quali costi? io... be' è una lunga storia, non ora e non qui, ma mi piacerebbe tanto prendere un tè insieme e raccontarcela, ma qui su due piedi, invidio la tua capacità di riuscire a vedere quello che vuoi fare, io... sono un periodo di stand by, mi sento come chi sta in stazione ad aspettare il treno... ma non ha scelto ancora la destinazione e aspetta, intanto vive... è un lungo discorso, lo riprenderemo e grazie di questa testimonianza vera;)

    RispondiElimina
  8. @Elena
    gRazie a te di essere passta.

    @monica
    Che bello trovarsi un commento del genere, oraganizziamoci e troviamoci davanti a una bella di tè fumante e facciamoci una bella chiaccherata, io ci sto.

    RispondiElimina
  9. E per fortuna che "c'era una volta" c'è davvero e c'è ora.
    Più che un semplice negozietto, un prezioso angolo di rara cordialità. E per Bioglio non è poco.

    RispondiElimina

Grazie per lasciare un commento.
Abbiamo dovuto sospendere i commenti anonimi per non ritrovarci inondate di spam. Scusateci.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...