lunedì 5 novembre 2012

Mamme che si reinventano: Nadina

Oggi per il nostro appuntamento mensile “Mamme che si reiventano” vi presentiamo Nadina, amica preziosa e molto creativa, le ho chiesto di raccontarci la sua storia perché certe volte nella vita ci vuole coraggio e la sua famiglia ne ha mostrato tantissimo.

Per anni non ho pensato di volere o potere fare un altro lavoro. A 19 anni ho trovato il lavoro che volevo fare: la programmatrice di computer, mi dava soddisfazione costruire qualche cosa che poi funzionava, dire a queste macchine, che vent'anni fa sembravano infernali, come comportarsi mi faceva stare bene. Poi è arrivata la crescita professionale: che soddisfazione! Parallelamente il matrimonio e il primo figlio che ha stravolto la mia vita. Prima immaginavo la maternità come una cosa solo positiva, piena di gioie e di allegria, Lorenzo però nasce con una malformazione ai piedi e il mio mondo di favole, il mio matrimonio e anche il mio lavoro passano in secondo piano. Ora che sono passati quasi 15 anni e che tutto si e' risolto, posso dirvi che quello e' stato il momento in cui le mie priorità hanno iniziato a farsi chiare, anche se per ancora po’ di anni la mia carriera è stata molto importante. La sensazione era di stare dentro una lavatrice: (il lavoro,che assorbe molto di più delle 8 ore pagate, notti comprese, l'essere madre per il tempo rimanente, con i sensi di colpa che s'impossessano sempre più di me, essere moglie) con la centrifuga che si aziona e io che non riuscivo più a vedere fuori dall'oblò. Fino a che mi sono resa conto che tutto andava in una direzione che non mi piaceva, che non era la vita che avrei voluto, allora ho iniziato a mettere i puntini sulle “i” e a provare a cambiare le cose.

Noi ci siamo riusciti, io e mio marito, lui a 40 anni ha mollato il suo lavoro di sempre (commerciante nel locale che era stato di suo nonno e poi di sua madre ) per qualche cosa che lo gratificasse di più, io ho iniziato a riprendere i miei tempi e spazi sul lavoro e poi .... nasce Gabriele, voluto con tutte le nostre forze. Lorenzo era ormai un ometto di 7 anni che chiedeva un fratellino con cui giocare quando io non ero a casa. Mi sono fatta tutta la maternità accanto a loro, al mio rientro al lavoro chiedo di non fare più le trasferte a Milano due o tre volte alla settimana come in precedenza. Mi rispondono che la mia posizione di responsabilità comportava anche queste trasferte (si sa il lavoro informatico non si può fare a distanza!! ), l'unica soluzione era chiedere un orario part-time, consapevole che questo mi avrebbe escluso da qualsiasi cosa ( nella mia ex-azienda i part-time venivano esclusi da corsi di formazione/aggiornamento, aumenti salariali, gratifiche ... ); era quello che volevamo fortemente, non volevo lasciare i miei figli ad asili nido (seppur ottimi) o ai nonni, così per 6 anni ho ripreso il controllo della mia vita e della nostra famiglia.

A gennaio 2012 arriva la doccia fredda: l'azienda decide di trasferire la sede a Milano, i part-time vengono invitati al rientro a full-time e l'azienda mette a disposizione una navetta per “facilitare” gli spostamenti ( partenza alle 6:30 e rientro previsto per le 20:00 salvo imprevisti ). Sei mesi d'inferno, di rabbia, di tira e molla, di notizie ufficiose che non diventavano ufficiali, di “e adesso cosa faccio??”. Mio marito contestualmente perde il lavoro ( l'azienda di cui è dipendente, fallisce). Lui continua a dirmi “tu a Milano non vai !”. Ricordo un nostro viaggio a Milano, passiamo davanti alla sede della mia ditta, lui ferma la macchina, guarda lo stabile, guarda me e mi dice “io qui non ti mando neanche un giorno, mettitelo in testa!”. Io molto combattuta, tutti e due senza lavoro e poi ? Dopo 5 mesi una mattina vado in ufficio e all'ennesima tensione vado dal mio capo e gli dico “Dimmi quando vi trasferite e quanto preavviso devo dare perchè io mi licenzio!”. Che liberazione! Ovviamente qualche conto economico me l'ero fatto.

Dal 01 luglio sono a casa, faccio la mamma, la moglie e ci stiamo reinventando insieme. Ci siamo resi conto che uno dei nostri sogni nel cassetto, mio e di mio marito, era di lavorare insieme per cui stiamo progettando la nostra nuova attività di commercio prodotti alimentari locali in forma itinerante e su web. Anzi facciamo due passi indietro, da luglio a settembre ci siamo presi una pausa e abbiamo passato tutto il tempo disponibile con i nostri figli, per loro, ricaricando le nostre energie per partire entusiasti e motivati a settembre. Devo dire che ha funzionato e ora non riesco quasi a valutare le difficoltà che sicuramente incontreremo. Vorrei potervi scrivere le parole “Lieto fine” ma in realtà siamo all'inizio di un nuovo viaggio e non ho la sfera magica ma nel mio cuore so che se lo ascolterò le cose non potranno che andare per il meglio.

Nadina.


P.S. seguendo da vicino la vicenda di Nadina e della sua famiglia sono rimasta allibita dall’ottusità del mondo del lavoro: non l’hanno lasciata lavorare con il telelavoro anche se garantiva di andare a Milano una volta la settimana e mi è rimasta nelle orecchie la frase di un direttore che le disse “Per me è stata una vera delusione quando hai scelto la famiglia!”. Forse doveva andare così, nulla accade per caso...

La KeElle

9 commenti:

  1. solo un commento: non mi piace il marito che dice "tu non ci vai, io non ti mando". certe decisioni si prendono insieme e solo i genitori sanno cosa è meglio per se stessi e i propri figli, questo è indiscusso. ma appunto sono decisioni della persona, che l'altro deve appoggiare o può consigliare/sconsigliare. nessun marito dovrebbe mandare o non mandare la moglie da nessuna parte, è la moglie che deve decidere se e dove andare, in accordo col marito. sembra una sfumatura ma per me fa una bella differenza.
    riguardo al direttore che dice di essere deluso dalla scelta di dedicarsi alla famiglia, la cosa si potrebbe girare al contrario: la lavoratrice è delusa perchè l'azienda non le ha permesso di conciliare lavoro e famiglia e non ci teneva abbastanza a lei da permetterle di continuare a lavorare rispettando le sue esigenze personali. nessuno dovrebbe essere messo in condizioni di fare scelte del genere, e anche se non conosco tutti i dettagli e probabilmente certe scelte delle aziende sono inevitabili, in un mondo davvero flessibile ed efficiente se un lavoro non è più adatto a noi dovremmo essere in grado di trovarne un altro che ci si addice di più. purtroppo in tempo di crisi e in un paese in cui conta più quante ore stai seduto a una scrivania piuttosto di quello che produci davvero e come fai funzionare il cervello, molte donne sono costrette a scelte di tipo "aut aut" e del resto i risultati (economicamente e demograficamente parlando) li stiamo vedendo tutti.

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  2. Anche a me la frase del marito ha lasciato in dubbio...
    Che amarezza sentire le parole di quel direttore, quanta strada c'è ancora da fare!
    Un grande in bocca al luppolo a questa donna e alla sua famiglia!

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  3. Credo che l'entusiasmo, a dispetto di quel che è stato, sia palpabile. In bocca al lupo :D!

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  4. Un chiarimento e' doveroso, l'affermazione "tu non ci vai..." non e' stata detta da un dittatore anzi da un uomo che solitamente questi toni non li usa mai, per questo motivo hanno avuto una valenza così importante, erano a sostegno di una decisione così difficile!!. Capisco che per chi non conosce i protagonisti non era così chiaro. Grazie per i vostri commenti. Sappiate che l'entusiasmo continua nonostante le difficoltà.
    Nadina

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  5. Grazie a entrambe per questo post!
    Devo ammettere che avevo interpretato la frase di lui come la descrive Nadine, sarà perchè l'ho sentita dire con la voce di mio marito, quanto di più lontano al mondo da un uomo che impone le proprie scelte. Mi è anzi sembrata molto tenera, la dimostrazione della preoccupazione di un uomo che ama. Ciò detto, che brividi questo post, leggere di un mondo possibile fa sempre venire tanti dubbi...
    Un bacio a entrambe

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  6. Bellssima questa storia, non ho capito di dove siete, ma so che mi piacerebbe sentire le vostre specialità e spero che ci teniate informati! Bella questa rubrica, il confronto di cui ho bisogno in questa momento, grazie!

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  7. Bella storia, soprattutto perchè si percepisce la solidità della coppia e la voglia di avere a tutti i costi una famiglia unita e felice. Io ho la fortuna di lavorare con mio marito, quindi di poter gestire il mio orario e stare di più con i figli, ma in passato ho lavorato in aziende in cui chiedere anche una sola ora di permesso per motivi di salute era impossibile e mi sono detta che non volevo essere schiavizzata, soprattutto perchè a farne le spese era la famiglia. So che non sempre è così facile e ammiro dal profondo del cuore le persone come Nadina che ci provano sul serio.

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  8. Grazie a tutte di essere passate edi aver lasciato il vostro prezioso commento, Nadina ha già chiarito il significato della frase che inizialmente ha creato qualche polemica, io non mi sento di aggiungere altro visto che il post non è mio.

    @jessica
    siamo di Biella e zone limitrofe.

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